papa bergoglio 19.05.13di Giacomo Galeazzi
Città del Vaticano – Si pensa alle banche invece che alle famiglie e la mancanza di etica nella vita pubblica fa male all’umanità. “Questa è una crisi dell’uomo che distrugge l’uomo” è preoccuparsi delle banche e non delle famiglie, di chi muore di fame. Ha parlato con parole sentite, commosse, Francesco, della crisi che oggi colpisce la società. Durante la veglia in piazza San Pietro con i movimenti ecclesiali, davanti a 200.000 persone, il Pontefice chiarisce che la crisi è prima di tutto etica. “Nella vita pubblica, politica se non c’è l’etica tutto è possibile, tutto si può fare. Allora vediamo, leggiamo i giornali, come la mancanza di etica nella vita pubblica fa tanto male all’umanità intera”. Il Papa ha risposto a braccio a domande rivoltegli dai rappresentanti delle aggregazioni laicali e delle nuove comunità, in particolare a una: su come si possa vivere “una Chiesa povera per i poveri”. Ha quindi raccontato, citando un rabbino del 12° secolo, la storia della costruzione della Torre di Babele. “Quando cadeva una torre era una tragedia nazionale, veniva punito l’operaio, perché i mattoni erano preziosi, ma se cadeva l’operaio non succedeva niente. Oggi – ha proseguito – se cadono gli investimenti, le banche, questa è una tragedia, se invece le famiglie stanno male, non hanno da mangiare, allora questo non fa niente”. Ecco “la nostra crisi di oggi”. Dunque “la Chiesa povera per i poveri va contro una simile mentalità”. Bergoglio dice che “la Chiesa non è un movimento politico, né una struttura ben organizzata”. Infatti, “noi non siamo una Ong, quando la Chiesa diventa una Ong perde il sale, non ha sapore, diventa una vuota organizzazione”. Perciò “siate furbi perché il diavolo ci inganna, perché c’è il pericolo dell’efficientismo, e una cosa è predicare Gesù, un’altra cosa è l’efficienza”. Inoltre “quando la Chiesa diventa chiusa si ammala, come una stanza che rimane chiusa e dove l’aria è viziata”. Quindi “preferisco mille volte una Chiesa incidentata, che subisce degli incidenti, piuttosto che una Chiesa malata per chiusura”. Occorre andare incontro agli altri, combattere la “cultura dello scontro, la cultura della frammentazione”. E anche la “cultura dello scarto”, quella che emargina anziani e bambini. Insomma, “dobbiamo fare con la nostra fede una cultura dell’incontro, una cultura dell’amicizia”. Bergoglio esorta ad “andare incontro a chi non la pensa come noi, perché tutti sono figli di Dio, senza negoziare la nostra presenza”. È uno “scandalo” che non faccia notizia la morte di un barbone per il freddo, che ci siano bambini che non hanno da mangiare. “Non dobbiamo essere cristiani inamidati, come persone che prendono il tè: dobbiamo essere cristiani coraggiosi, andare incontro a quelli che sono la carne di Cristo”. Ha parlato per 40 minuti, anche con momenti sorridenti. Come quando ha ricordato la nonna che da bambino gli ha insegnato la fede. O la confessione a 17 anni che gli ha fatto sentire la vocazione al sacerdozio. Ha ammesso che delle volte si addormenta guardando il sacrario. Ha rimproverato bonariamente i pellegrini perché al suo passaggio gridavano “Francesco, Francesco” e non “Gesù, Gesù”. Dunque, “mai più Francesco, gridate Gesù”. Il Papa ironizza anche sui vincoli a cui è sottoposto in Vaticano: “Quando vado a confessare anzi, quando andavo, adesso non si può, perché uscire da qui non è possibile”. E giù gli applausi della folla. Presenti in piazza 150 movimenti, tra cui Cl, Azione Cattolica, Focolari, Sant’Egidio, Neocatecumenali, Rns, gli Scout, tra canti, preghiere, letture bibliche. In prima fila anche i ministri ciellini Mauro e Lupi. Il Papa invita tutti a dare “testimonianza” della propria fede. Oggi “ci sono più martiri che nei primi secoli della Chiesa, ma un cristiano deve sempre rispondere al male con il bene”.
Nella messa mattutina a Santa Marta ha condannato senza appello le “chiacchiere” nella Chiesa: una pratica dettata dallo “spirito di Caino” perché rivolta ad “ammazzare il fratello, con la lingua”. Il Papa ha stigmatizzato “disinformazione, diffamazione e calunnia” come “peccati”, come “dare uno schiaffo a Gesù nella persona dei suoi figli, dei suoi fratelli”.