di Andrea Guenna – Quasi tutti credono che Gesù fosse un portatore di pace e invece era l’esatto contrario, un combattente tremendo che s’è arreso solo davanti al supplizio della Croce. Alle dichiarazioni di pace di Gesù note a tutti, quali: “Beati gli operatori di pace […], beati i miti […], beati i misericordiosi”, esistono molte testimonianze anche tramandate dallo stesso Vangelo in cui è chiaro che Gesù fosse un combattente, un vero Templare: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra: sono venuto a portare non pace, ma spada”, e ancora: “Chi non è con me, è contro di me”. Chi non sa è colpito anche dallo stile aggressivo delle sue controversie con scribi e farisei. La dicono lunga l’episodio dei mercanti scacciati dal tempio in cui i veri non-violenti furono i mercanti che non reagirono alla sua violenza, e il fatto che i suoi discepoli girassero armati e che tra di loro vi fosse almeno uno zelota, cioè un partigiano della resistenza armata contro i Romani. Appare chiaro che Gesù intendesse la pace non necessariamente come assenza di conflitto ma come realizzazione della giustizia: “Beati gli affamati e gli assetati di giustizia”, e per questo non si sottraeva ai conflitti. I Romani crocifissero Gesù non perché teologicamente blasfemo ma perché politicamente ribelle e pericoloso in quanto vedevano in lui una minaccia politica. Gesù ha insegnato a porgere l’altra guancia solo se la guancia è di chi è colpito, ma se è quella di una altro bisogna reagire e difenderlo, da Templare. Lo stesso vale per lo Stato: se un territorio è attaccato, chi è attaccato non deve porgere un altro territorio ma si deve difendere. A questo punto si deve distinguere tra un pacifismo individuale (cioè quando l’offesa è fatta alla propria persona) e uno sociale (rivolto cioè ad altri o alla collettività) ammettendo per questo secondo almeno il dubbio che Gesù accettasse la “non pace”, cioè la guerra, in subordine a ideali come la giustizia e la libertà. Anche in questo è stato un grande Templare. “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei” (Vangelo di Giovanni 18, 36), escludendo esplicitamente una possibile resa o una guerra difensiva. Quando lo arrestarono c’era una gran folla di armati: “Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo” (Matteo 26; 47) a testimonianza del fatto che Gesù era pericoloso e seguito da molti rivoluzionari armati. Per difenderlo i suoi estrassero le spade: “Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio” (Matteo 26; 51). Gesù era un soldato combattente e noi Templari siamo i suoi cavalieri.
Ad Maiorem Dei Gloriam.