(da metropolitanmagazine.it) – 6 luglio, anniversario della morte di Maria Goretti, la dodicenne uccisa dopo un tentato stupro e proclamata santa dalla Chiesa il 24 giugno 1950.
Maria Goretti nasce a Corinaldo, in provincia di Ancona, il 16 ottobre 1890, da Luigi Goretti e Assunta Carlini, contadini di umili origini e molto religiosi, che vivevano coltivando la terra. Terzogenita, viene battezzata nella chiesa parrocchiale dei santi Pietro e Paolo del paese. Col passare degli anni, le scarse risorse economiche della famiglia spingono i Goretti a trasferirsi, alla fine del 1896, a Paliano, in provincia di Frosinone e si stabiliscono a Colle Gianturco, diventando coloni di un podere.

Maria Goretti e l’incontro con i Serenelli
Rimangono qui tre anni, prima arrangiandosi da soli, poi entrando in società con Giovanni Serenelli. L’uomo ha due figli, Gaspare e Alessandro. Sarà quest’ultimo a maturare una ossessione patologica per lei. E alla fine la ucciderà in modo barbaro e truculento. Ma andiamo per ordine. Le due famiglie si dividono lavoro e raccolto.
Nel 1900 si spostano a Ferriere di Conca, al confine con la città di Nettuno, a lavorare per il Conte Attilio Mazzolenì, che assegna loro una abitazione.

La morte del padre
Il clima dell’Agro Pontino non è salubre e il padre, Luigi Goretti, prende prima la malaria, poi il tifo e la meningite. Muore il 6 giugno dello stesso anno. La moglie, Assunta, rimane sola a mandare avanti la famiglia di sei figli. Decide, malgrado le difficoltà, di rimanere a lavorare con i Serenelli per il conte. La bambina ha 10 anni, è docile e ha una fede incrollabile, tanto che è lei a far coraggio alla mamma, sempre più disperata per il duro lavoro e la mancanza cronica di denaro.

Maria Goretti, la fede precoce e il culto alla Madonna
Perfino il desiderio della bambina che dimostra un insolito senso religioso per la sua età, di poter ricevere l’eucaristia, è un lusso che non può permettersi. Dovrebbe fare la prima comunione, imparare dottrina, poi partecipare alla cerimonia per la quale quale serve un vestito nuovo. La ragazzina riesce comunque a prendere lezioni dalla guardarobiera dei conti e da un prete, don Don Alfredo Paliani, che va in paese solo la domenica. Impara rapidamente il catechismo e il 16 giugno 1901, insieme al fratello Angelo riceve per la prima volta l’Eucaristia da Padre Basilio dell’Addolorata, che si trova nell’Agro Pontino da un paio d’anni.

Alessandro Serenelli e la sua ossessione per Maria
Sviluppa una devozione intensa anche alla Madonna, con le recite quotidiane del rosario. Intanto inizia a crescere e attira l’attenzione di Alessandro Serenelli, otto anni più di lei, che inizia a corteggiarla. Si è già guastato, un po’ per le cattive compagnie, un po’ per inclinazione. In poco tempo diventa morboso.

Il rifiuto di Maria e il progetto criminale del Serenelli
Un giorno, a inizio estate, nel 1902, iniziano le avances che lei rifiuta andandosene via piangendo per la sua volgarità, lui allora la minaccia: “Se fiati, ti ammazzo”. Dopo qualche giorno ci riprova, viene di nuovo respinto. Inizia a salirgli dentro la rabbia e il desiderio di punirla, uccidendola. Così si prepara un punteruolo lungo 24 centimetri. Poi, nei giorni che seguono, non le dà tregua. La perseguita, rimbrottandola in continuazione per futili motivi e sovraccaricandola di lavoro. Lei si aggrappa alla fede, però chiede alla mamma di non lasciarla mai sola. La donna però non immagina quello che sta succedendo e forse non fa caso a questa richiesta.

Il brutale omicidio del 5 luglio
L’aggressione fatale avviene il 5 luglio, nelle prime ore del pomeriggio. Entrambe le famiglie sono impegnate nella trebbiature. Alessandro sta guidando uno dei due carri trinati dai buoi, mentre Maria cuce dei vestiti su ordine del ragazzo.
I fratelli della ragazzina si divertono a giocare sui carri mentre la madre sta lavorando nell’aia. Ad un certo punto il ragazzo va da lei e le chiede di sostituirlo perché deve entrare in casa a fare una cosa urgente. Entrato in cucina obbliga Maria, che è lì fuori, a seguirlo. Lei rifiuta e lui perde la testa, la prende con violenza acciuffandola per i capelli. Lei gli dice che se le fa quello che ha in mente andrà all’inferno, come lui stesso racconterà al processo:
“Vedendo che non voleva assolutamente accondiscendere alle mie brutali voglie, andai su tutte le furie e, preso il punteruolo, cominciai a colpirla sulla pancia, come si pesta il granturco… Nel momento che vibravo i colpi, non solo si dimenava per difendersi, ma invocava ripetutamente il nome della madre e gridava: Dio, Dio, io muoio, Mamma, mamma! Io ricordo di aver visto del sangue sulle sue vesti e di averla lasciata mentre si dimenava ancora. Capivo bene che l’avevo ferita mortalmente. Gettai l’arma dietro il cassone e mi ritirai nella mia camera. Mi chiusi dentro e mi buttai sul letto”.
Malgrado la ragazzina sia ormai agonizzante, con ferite così profonde sul ventre da farle uscire le viscere, riesce a chiamare aiuto. Quando la portano in ospedale i medici contano quattordici colpi che le hanno lesionato il polmone sinistro, il diaframma, l’intestino. Rimane in vita altre 24 ore. Alessandro intanto, viene condotto dai Carabinieri alla caserma di Nettuno. Per Maria serve il ricovero all’ospedale Fatebenefratelli, che raggiunge sull’ambulanza, insieme alla madre. Una volta arrivate, alla mamma non è permesso passare la notte con lei e deve allontanarsi. La giovane viene assistita da una infermiera e due suore.

L’interrogatorio dei Carabinieri
Al mattino presto, quando Assunta ritorna, le sue condizioni sono peggiorate. Poi arrivano i Carabinieri a interrogarla sull’accaduto.
Le chiedono se Alessandro l’avesse infastidita anche altre volte prima di quel giorno. Lei risponde che sì, lo aveva già fatto due volte. La madre, turbata le chiede perché non le avesse detto niente e lei: “Mamma, giurò che se l’avessi detto, mi avrebbe ammazzata… intanto mi ha ammazzata lo stesso”.

Le ultime ore di vita: il perdono del suo assassino, poi il delirio
Quando arriva l’arciprete, di Nettuno, Monsignor Temistocle Signori, decide di confessarla e le chiede se vuole perdonare il suo aguzzino. Lei risponde di sì, anzi prega per lui, spera che lui la possa raggiungere in Paradiso. Le viene data l’estrema unzione. Poco dopo inizia a delirare. Alterna le scene della violenza subita a quelle in cui vede la bianca signora, piena di luci e di fiori. Spira alle 15.45 del 6 luglio 1902.

La morte, i funerali, il monumento, la biografia
La sua morte ha subito un’eco immediata nell’ambiente circostante. Era stata una ragazzina amabile, aveva avuto il dono di una fede autentica, semplice e profonda, che aveva messo in pratica con la sua stessa vita, ed era morta nel martirio. Quando celebrano i funerali arriva gente da ogni parte, oltre a prelati e autorità da Roma. Due anni dopo, a Nettuno, le viene dedicato un monumento di marmo, poi è la volta della biografia scritta dall’avocato Carlo Marini. Ispirato alla vicenda di Maria Goretti, anche un film, Cielo sulla palude, di Augusto Genina, uscito nel 1949, vincitore del nastro d’argento al miglior regista.

Il processo di beatificazione
La sua tomba, nel cimitero di Nettuno, diventa meta di pellegrinaggio. Poi i suoi resti vengono esumati nel 1929 e riposti nella cappella delle suore della Croce. Infine, traslate al santuario della Madonna delle Grazie, sempre a Nettuno, visitato da monsignor Achille Ratti, futuro papa Pio XI e papa Paolo VI nel settembre 1969.
Nel 1935 la diocesi di Albano, di cui faceva parte la località di Nettuno chiede di poter iniziare le pratiche per il processo di beatificazione. A cui si arriva, però, solo nel 1947, il 27 aprile, in piazza San Pietro a Roma, con papa Pio XII.

Maria Goretti proclamata santa nel 1950 da papa Pio XII
Dopo soli tre anni,invece, il 24 giugno 1950, è sempre papa Pio XII a proclamarla santa, dopo che diverse guarigioni ottenute con le preghiere a Maria Goretti sono state ritenute dall’ apposita commissione istituita, miracolose. La prima risale al 4 maggio 1947, è una guarigione istantanea di una donna da pleurite esudativa e liquido abbondante. La seconda, quattro giorni più tardi, la guarigione istantanea di un uomo con un grave ematoma al piede sul quale era caduto un masso pesante mentre era al lavoro.

Cosa ne è stato di Alessandro Serenelli?
Serenelli viene condannato a 30 anni di carcere, a Noto. In famiglia c’erano già stati casi di squilibrio mentale e di alcolismo.. Al processo Serenelli confessa di aver preparato il punteruolo se la ragazzina avesse opposto resistenza. Confessa anche il desiderio di fuggire dalla vita insopportabile nei campi, per cui uccidere e andare in carcere in fondo sarebbe sempre meglio che rimanere in quel posto, vivere in quelle condizioni, in estrema povertà.

Il pentimento e la conversione
Nel periodo dal 1902 al 1918, seguito dal vescovo Giovanni Blandini, si pente e si converte alla religione cattolica. Anni dopo racconta di aver visto Maria in sogno che gli offre dei fiori che diventano fiammelle. Nel 1929, scarcerato in anticipo per buona condotta, chiede il perdono dei familiari di Maria Goretti e la madre accetta. Dopodiché l’uomo trascorre il resto della sua vita come giardiniere e portinaio in diversi conventi, l’ultimo dei quali a Macerata, retto dai Cappuccini, dove muore il 6 maggio 1970, a 87 anni, per l’aggravarsi di una frattura del femore provocata da una caduta.