croce sulla vettaRoma (da Qui Europa) – Altro attacco gratuito nei confronti della religione cristiana: gli ambientalisti della Mountain Wilderness Italia insorgono contro i simboli religiosi presenti sulle cime delle montagne, sostenendo come essi siano uno scempio e deturpino l’ambiente. Insomma – ci chiediamo –  non bastavano gli integralisti musulmani e i vari estremisti politici a sollevare la polemica di turno sulla presenza (tradizionale) del Crocifisso nelle aule scolastiche ed a tentare di minare fin dalle radici la nostra storia e le nostre origini incentrate sul cattolicesimo? Nel comunicato elaborato dal gruppo di ambientalisti si legge: “La montagna viene usata come palcoscenico di ambizioni personali o di gruppi per imporre aggressivamente convinzioni religiose, marcare il territorio con un proprio segno inconfondibile o per costruire business”…
Sentir dire che “non vogliono più saperne di croci, crocifissi, di statue di Madonne e di Santi  o – peggio ancora – di altarini in ricordo di defunti” di certo, non fa loro onore, indipendentemente dalla religione, ma nel contempo ci getta nello sconcerto. Le parole di lamentela utilizzate dai sostenitori della Mountain Wilderness  sono particolarmente forti e polemiche, oltre che fuori luogo.
Ricordare il legame che nei secoli ha legato l’uomo a Dio ed alla religione e ricordare i propri cari defunti, non significa “imporre aggressivamente” delle convinzioni religiose o marcare il territorio. Chissà cosa avrebbe detto in merito San Francesco d’Assisi, che sul rapporto tra Dio e Creato scrisse uno dei Cantici più belli ed alti della letteratura di ogni tempo. E chissà come avrebbero commentato la notizia gli abitanti di Rio de Janeiro o Medjugorje, i quali – questi ultimi – in onore delle apparizioni della Vergine Maria da oltre 30 anni vedono troneggiare due crocifissi su altrettanti promontori circostanti la cittadina: il Podbrdo e il Krizevac. Ma d’altra parte si sa: nella storia i monti hanno da sempre rappresentato il luogo ideale d’incontro e dialogo tra l’uomo e Dio. Si pensi al Sinai, alla Verna, al Tabor, al Carmelo ed allo stesso Krizevac, solo per citare alcuni degli innumerevoli esempi. Porre dei limiti a tutto ciò non è solo antistorico, ma è profondamente anacronistico.
Da sempre, è anche grazie alla simbologia cristiana ed all’armonico sodalizio con la natura incontaminata di boschi e valli che i fedeli trovano la forza per andare avanti, per pregare e per ricordare a tutti che la vita non finisce sulla Terra ma continua nei Cieli e che l’anima non è mortale. Di cattivo gusto non ci sembrano dunque le croci, spesso presenti sulle cime delle montagne, ma la polemica gratuita e sterile sollevata nel definire “scempio” delle opere religiose di alto significato spirituale e se vogliamo anche morale: indipendentemente che si creda o no! L’attacco da parte degli ambientalisti di Mountain Wilderness giunto nei giorni scorsi – a nostro modo di vedere – non ha alcuna ragione di esistere perché mirato esclusivamente a colpire il cristianesimo e non a salvaguardare l’ambiente che ci circonda. Sono cose ben diverse: infatti, la tutela dell’ambiente è qualcosa che riguarda tutti noi e che non può essere contestata. Perché, allora, non chiedere esplicitamente che non vengano costruiti altari di diverso tipo o obrobri di cemento e ferro in zone protette o geograficamente rilevanti ed importanti? Oppure che nei progetti di costruzioni varie si tenga maggiormente conto della sensibilità delle montagne e delle zone a rischio? O ancora che si presti sempre più attenzione all’unione della natura con le opere umane? Su questo, non ci sarebbe stato nulla da discutere.
Insomma, gli ambientalisti facciano gli ambientalisti, perché il vero scempio potrebbe essere quello di privare i credenti della possibilità di esprimere liberamente – e non aggressivamente – il proprio culto. Aggressivo, piuttosto, potrebbe essere stato il loro modo di comunicare il proprio disaccordo su determinate questioni, senza argomentarlo a dovere. Il business, probabilmente, non lo fanno tanto le opere religiose, quanto le strutture alberghiere, presenti nelle zone di montagna, che richiamano ogni anno migliaia e migliaia di turisti… se poi, tra essi ci sono anche cristiani, a quanto pare, per qualcuno costituisce un problema. A volte ripensando al Medioevo, quasi invidiamo il contesto sociale e storico nel quale si trovò a vivere il poverello d’Assisi. Forse certi pseudo-ambientalisti avrebbero molto da imparare da lui e dal suo “Cantico delle Creature”

Maria Laura Barbuto
Sergio Basile