Roma (Globalist) – Quale sia la soluzione per risolvere il conflitto israelo-palestinese è un tema spinoso a cui ancora non esiste una risposta certa.
Una delle questioni sollevate era quella di creare “Due stati per due popoli” (avallata anche da Biden), ma i negoziati finora hanno portato a un nulla di fatto, così come non è raggiungibile la soluzione dell’Unico Stato.
“Io temo che prima o poi dovremo fare un esercizio di utile realismo dal momento che la comunità internazionale non è in grado di intraprendere e di sostenere la via dei Due Stati e del rispetto delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Tanto vale prendere atto di questa impotenza, sgombrare il campo della retorica e cominciare a guardare ai problemi veri”. Lo ha detto l’ex premier e ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, partecipando al convegno “I grandi mutamenti internazionali e il conflitto tra Israele e Palestina”, promosso da Campo Democratico-Socialismo e Cristianesimo.
“Come mai – ha domandato D’Alema, cercando la radice dell’inerzia europea sul fronte Mediterraneo e Mediorientale – la peggiore destra europea, quella che ha radici antisemite, è diventata il baluardo di Israele? Quando il ministro degli Esteri Di Maio dice ‘non siamo nemmeno riusciti a fare un comunicato'” sul conflitto israelo-palestinese “che è già una sentenza sull’autorevolezza dell’Europa, domandiamoci pure chi è che ha messo il veto? Viktor Orban, rappresentante della destra più regressiva d’Europa, é diventato il principale sostenitore del governo di Israele. Siamo davanti a un paradosso. L’antisemitismo di ieri, oggi è diventato islamofobia. Israele con la sua grande potenza militare è visto come il baluardo dell’Occidente contro l’Islam”.
“La vera speranza – ha aggiunto l’ex ministro degli Esteri – è quello che sta succedendo in America, perché l’Europa è paralizzata. Di recente ho visto sulla prima pagina del ‘New York Times’ le fotografie dei 68 bambini palestinesi uccisi a Gaza e ho pensato che, forse, si può aprire uno spiraglio. Nessun giornale italiano lo avrebbe potuto fare, salvo beccarsi l’accusa di antisemitismo e provocare una baraonda indescrivibile. Adesso nel mondo democratico Usa c’è chi fa il parallelo Palestinian lives matter”.
“Lasciamo stare lo Stato palestinese, che non ci sarà mai. Diciamo piuttosto che i palestinesi sono cittadini di serie C, sotto occupazione militare, privi di diritti e di tutele che, però, lavorano per Israele e sono un pezzo del miracolo economico israeliano. Io penso – ha proseguito D’Alema – che il vero ‘game changer’ potrebbe essere il primo Paese europeo che decide di non dare più i soldi per pagare lo stipendio a migliaia di funzionari pubblici di una pseudo Autorità palestinese, priva di qualunque autorità, di cui, invece, secondo il diritto internazionale si dovrebbe occupare Israele come Paese occupante”.
“Se ne occupi Israele degli occupati, da 70 anni sotto occupazione, in aperta violazione di ogni risoluzione dell’Onu e del diritto internazionale -prosegue -. Non so quanto reggeranno le ipocrisie della comunità internazionale. Intanto farebbe comodo non sentire più frasi insensate tipo ‘le parti devono tornare e sedersi al tavolo'”.
“O la cosiddetta comunità internazionale si rende conto che quel conflitto è pericoloso per essa stessa e quindi provvede; oppure è meglio lasciare che si aprano dei processi spontanei e che venga alla luce uno scenario di un Paese fondato sull’apartheid e in cui il tema vero sono i diritti negati ai non ebrei”, ha concluso D’Alema.