(da paesionline.it) – Non c’è solo il Santuario di San Francesco da Paola a parlare del misticismo in Calabria, ma anche la misteriosa e poco conosciuta Abbazia di Corazzo. In questo luogo della fede, fondato oltre mille anni fa tra le montagne della Sila, si stratificano secoli di tragedie, storie, racconti della fede e ricostruzioni più o meno puntuali. Una testimonianza del cammino intrapreso da monaci e mistici che scelsero questo posto per il loro percorso spirituale, tra tutti Gioacchino da Fiore che qui decise di indossare le vesti da monaco e da qui iniziò la sua predicazione da Abate.
Andiamo alla scoperta di quello che è stato anche il sito più votato dai calabresi nella settima edizione dei ‘Luoghi del Cuore’ del FAI.

Storia e curiosità sull’Abbazia di Corazzo
I ruderi della storica Abbazia di Corazzo si trovano a Carlopoli, una cittadina appartenente alla provincia di Catanzaro ma situata in una zona piuttosto vicina al cosentino e a poche decine di chilometri da Lamezia Terme. Il territorio è tipicamente montuoso, caratteristica tipica della Calabria centrale, a un’altitudine di circa 1000 m s.l.m.

Dai Templari ai Cistercensi
L’edificio dell’abbazia, dedicata alla Vergine Maria, risale al 1060 in seguito al progetto di latinizzazione normanna di Roberto il Guiscardo per essere poi ricostruita dai monaci Cistercensi oltre un secolo dopo. A quel tempo, in questa zona, erano presenti insediamenti rurali con terre molto fertili vista la presenza dei fiumi, qui i Romani crearono nuovi percorsi per il controllo militare e tra le più importanti c’era proprio la vicina via Annia che univa Ionio e Tirreno passando per Cosenza. Sono diverse le ipotesi rintracciate sulla costruzione dell’Abbazia, la più accreditata è quella che vede come protagonisti i Monaci Cistercensi. Perfetta per lo spirito e per rifocillare i corpi, l’Abbazia di Corazzo divenne nel corso dei secoli un punto di riferimento per tutta la Calabria. Soprattutto, i continui passaggi dei cavalieri appartenenti all’Ordine Templare suscitarono attenzione e curiosità su questo pezzo della Sila.
La fortuna di Corazzo si deve però ai Cistercensi, che si stabilirono qui nel 1157, rimaneggiando e ricostruendo l’edificio originale. I frati, che come i Benedettini interpretavano la loro missione religiosa sull’Ora et labora (Prega e lavora, n.d.r.), si diedero molto da fare a Corazzo.
Tra le attività che svolsero nella zona c’era la coltivazione dei terreni, l’allevamento del bestiame, la costruzione e l’ampiamento delle proprietà monasteriali che afferivano al Capitolo di Santa Maria di Corazzo. Il tutto, senza rinunciare alla preghiera quotidiana, che durava ben quattro ore al giorno e comprendeva anche confessioni, mortificazioni corporali e momenti di meditazione.

Dal successo al declino: il travaglio dell’Abbazia di Corazzo
L’Abbazia fu, nella sua plurisecolare vita, anche custode attenta e sicura di molte reliquie arrivate qui forse grazie ai Templari. Secondo le fonti più accreditate vi furono traslati un legno della croce di Cristo, alcune sue vesti, una pietra del Santo Sepolcro e una ciocca di capelli di Maria Maddalena.
Oltre al ruolo incisivo dell’Abate Gioacchino da Fiore, che qui vi scrisse molte delle sue opere più celebri, Corazzo fu meta di svariati e illustri personaggi. Tra questi Jacques de Molav, ultimo dei Templari e il filosofo Bernardino Telesio, che qui completò la sua opera ‘De rerum natura iuxta propria principia’.
Il fato e la natura non furono magnanimi con l’Abbazia di Santa Maria di Corazzo. Il 1348 segna l’inizio di una serie di eventi avversi, dalla peste che invase la Calabria al forte terremoto che la colpì un anno dopo distruggendo una parte del Monastero e della Chiesa. E poi le guerre, le crisi economiche con i latifondisti locali che specularono sui contadini fino al 1638 quando un altro terribile terremoto causò il crollo della struttura.
Solo dopo un decennio si avviò la ricostruzione grazie anche all’intervento di artisti napoletani che ne curarono gli interni ma, quando sembrava tutto recuperato, ecco che nel 1783 l’ennesimo terremoto distrusse ciò che era stato ricostruito. Ultime tappe quella del 1807, anno in cui Gioacchino Murat aggregò al demanio pubblico le proprietà dell’Abbazia la cui storia termina, a tutti gli effetti, nel 1808 quando fu soppressa da un decreto del Re di Napoli Giuseppe Bonaparte.
La spoliazione dei beni dell’Abbazia di Corazzo ebbe come effetto quello di trasferirne tutte le opere più preziose altrove: l’altare marmoreo e le acquesantiere finirono nella vicina Soveria Mannelli, così come alcune statue. L’organo fu spostato a Castagna, gli altari in legno a Cicala, il portale a Decollatura.
Oggi dell’edificio non rimangono che le mura perimetrali, che permettono di farsi un’idea dell’imponenza della struttura, circondata da una natura rigogliosa e fertile. Questi resti, contrariamente a quanto si possa pensare, sono molto frequentati dai turisti. Ed è per questo motivo che nel  2018 la Regione Calabria ha dichiarato l’Abbazia ‘attrattore culturale strategico’.
Grazie al ricorso a fondi europei per una cifra di 1,2 milioni di euro, le autorità calabresi vorrebbero proteggere quanto rimane oggi di Corazzo costruendo una struttura conservativa in cristallo e legno. Si potrebbe così creare uno spazio polifunzionale, proprio al centro della Regione, dove svolgere eventi culturali di grande richiamo.
Il progetto però è stato ampiamente criticato perché sarebbe incompatibile con l’architettura dell’Abbazia di Corazzo. Per questo, ogni intervento in questo senso – oltre che a causa dell’attuale emergenza sanitaria – è sospeso.