(Fra Felice Autieri di San Francesco Patrono d’Italia) – La festa di tutti i Santi che ricorre il 1 novembre ha radici pagane, infatti si richiama alla festa in onore della dea romana Pomona. La divinità era la protettrice dei frutti che crescevano sugli alberi, di quelli d’olivo e della vite, perciò con i festeggiamenti si salutava ufficialmente la fine del ciclo agricolo produttivo, ringraziando Pomona per aver permesso un’abbondante produzione agricola. Le celebrazioni nel calendario romano ricadevano, a seconda delle zone dell’impero, in un periodo che si collocava tra la seconda metà di settembre fino ai primissimi giorni di novembre. Solo in seguito le date furono delimitate tra la notte del 31 ottobre e il 1 novembre, mentre con l’affermarsi del cristianesimo Papa Bonifacio IV (+615) cristianizzò il culto.
Il Pontefice volle attribuirgli un significato spirituale e religioso che spinse a commemorare da una parte la natura, dall’altra il mondo dei morti: nasce la celebrazione del 2 novembre. Nei primi anni del IX secolo la festa dei santi fu celebrata quasi dovunque a novembre, tanto che il 1 novembre fu decretato festa di precetto a partire dall’835 da parte del re franco Luigi detto il “Pio”, con il sostegno di Papa Gregorio IV (+844). Ancora oggi la festa dei santi è celebrata in questa data, ovvero il giorno successivo alle calende d’inverno, mentre il 2 novembre è quello dedicato alla commemorazione dei defunti.
Ma chi sono i santi, perché la Chiesa ha sentito il bisogno di celebrare un giorno dedicandolo completamente a loro? Partiamo dal fatto che spesso identifichiamo come santo la persona in base al suo comportamento verso il prossimo. Infatti per la Chiesa il santo è colui che seguendo l’esempio di Gesù, in vita si è distinto per l’esercizio delle virtù cristiane fino a dare la vita, come nel caso dei martiri. Tuttavia rischiamo di configurare il santo attraverso atteggiamenti o comportamenti morali, dimenticando che la santità nasce dall’incontro personale con Cristo, rispondendo pienamente alla sua chiamata alla santità. Questa si esplica nelle sue modalità e varianti in un contesto preciso, che è la realtà nella quale viviamo ed operiamo, ad esempio il rapporto con il marito o la moglie, i figli o i parenti, gli amici o i colleghi. Infatti l’essere santi non è un’esperienza astratta, ma ha nel vissuto il luogo in cui verifichiamo il nostro percorso, cioè chi veramente siamo alla luce del Vangelo. Infatti Dio si è incarnato con Gesù nella realtà dell’uomo attraverso la Madonna, Egli sulla croce è realmente morto e risorto donando la speranza ad un’umanità ferita dal peccato e segnata dai tratti problematici della propria storia. Infine ricordiamo che i santi non erano perfetti, al contrario come tutti gli essere umani avevano una loro realtà costellata da luci e ombre. Tuttavia dall’incontro con Cristo, hanno intrapreso il cammino di questa non facile ma meravigliosa esperienza che è la vita.
Anche San Francesco come ci racconta nel Testamento, ha avuto delle chiare difficoltà ad abbracciare il lebbroso che in realtà rappresentava le ferite della sua vita. Tuttavia il Signore lo aiutò a superare le proprie resistenze e fragilità, perché seppe “fidarsi” e “affidarsi” alla forza che scaturiva dalla presenza misericordiosa di Dio nella sua vita: Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo. (Fonti Francescane n. 110). San Francesco fu autenticamente santo perché fu autenticamente uomo. Allora nella celebrazione della festa dei santi, auguro a me stesso e a voi che nella vita possiamo diventare santi partendo dalla nostra umanità, nella quale possiamo toccare la presenza vivificante di Cristo che ci accompagna e ci sostiene nelle gioie e nelle fatiche del nostro vivere.