(Maria Novella Rossi di Rai News) – Gli arresti nella prefettura del Xinxiang, Hebei, (da non confondere con il Xinjiang, la regione abitata dalla minoranza musulmana turca uigura), adombrano ancora una volta le  faticose trattative tra Vaticano e Cina, nelle quali a un passo in avanti corrispondono  quasi sempre alcuni passi indietro.  “Monsignor Zhang Weizhu, 63 anni, e i dieci sacerdoti arrestati nei giorni scorsi” scrive padre Cervellera direttore di  Asia News, l’agenzia del PIME,  “sono stati portati in albergo e in isolamento e sottoposti a sessioni politiche rieducative”. Questo per inculcare i principi di libertà religiosa concessa dal Partito secondo cui i cattolici devono seguire i dettami della Chiesa Patriottica controllata dal governo e non quelli della chiesa sotterranea  che fa riferimento al papa e a Roma. “Il vescovo cinese arrestato a Xinxiang è stato ordinato negli anni ’90 dal Vaticano in segreto. Fa parte della comunità sotterranea” ci ha detto padre Cervellera che abbiamo poi raggiunto al telefono. “Dunque la diocesi di Xinxiang e tutti i suoi sacerdoti vengono ancora perseguitati in quanto secondo Pechino agiscono in clandestinità, senza l’approvazione del governo cinese  e  fuori dagli accordi raggiunti tra Cina e   Vaticano nel 2018 e prorogati fino al 2020 che riguardano però solo la nomina dei vescovi… paradossalmente l’accordo ha per certi versi peggiorato la situazione: chi esce  dalle regole stabilite da Pechino  insieme al Vaticano viene inesorabilmente perseguito”. Per di più l’accordo firmato dalla Cina con la La Santa Sede, continua padre Cervellera, è stato siglato con  il Ministero degli Esteri Cinese, che considera il Vaticano uno Stato straniero”.  Ed è questo un aspetto che spesso non viene considerato: la Cina non ammette ingerenze da parte di stati stranieri  (come il Vaticano) e dunque l’aspetto religioso anche in questo senso potrebbe passare in secondo piano.  La necessità della Repubblica Popolare di  rappresentarsi come Stato che fa rispettare le sue leggi, e che si va imponendo come potenza mondiale,  quest’anno   si va a contestualizzare con   il centenario del Partito Comunista Cinese (1 luglio), appuntamento al quale il governo di Xi Jinping   dovrà mostrarsi più forte e compatto che mai,  all’interno della Repubblica Popolare innanzitutto,  come pure   nella sua narrazione di fronte al mondo intero.  Premesso che i diritti umani non sono mai stati una priorità in  Cina, come a onor del vero in  altri paesi, (dalla Russia, alla Turchia, all’Iran, all’Arabia Saudita all’Egitto ecc),  premesso che la Cina continua a voler tenere unito il suo “impero”   a qualunque  costo, le concessioni alle diverse etnie e religioni  continuano ad essere ridotte o inesistenti, affiancate da interventi politici  repressivi del governo centrale: nella provincia  nordoccidentale del Xinjiang a minoranza musulmana circa due milioni di uiguri sono rinchiusi in campi di rieducazione con accuse spesso arbitrarie e costruite a tavolino; la questione del Tibet va avanti da molti anni, da quando nel 1959 il Dalai Lama fu costretto all’esilio , a Dharamsala in India, dopo l’invasione dell’Esercito Popolare di Liberazione; discriminazioni etnico-religiose  a cui,  soprattutto,  negli ultimi due anni,  si  è affiancata una questione più prettamene politica  come le manifestazioni che hanno infiammato Hong Kong,  l’ex colonia britannica restituita  alla Cina nel 1997,  e ora tornata alla “normalità” dopo l’intervento di Pechino con la legge sulla Sicurezza Nazionale.  Ma al di là dell’innegabile mancato rispetto dei  diritti umani  che si verifica in Cina,  ampiamente dibattutto  di questi tempi e oggettivamente  anche cavalcato in funzione anticinese dai paesi in conflitto con la grande potenza, per spiegare la repressione religiosa nell’ex celeste impero  non si può prendere  in considerazione soltanto l’ideologia marxista, ancora alla base della politica di Xi Jinping, sia pure rivista alla luce del socialismo “con caratteristiche cinesi”. Sarebbe riduttivo  parlare di “religione come l’oppio dei popoli” perchè questa prospettiva prescinderebbe dal dato essenziale che la Cina storicamente non è mai stato un paese religioso, e il cattolicesimo in particolare non ha mai attecchito, sin da quando Matteo Ricci nel XVII secolo arrivò alla corte  Wanli con l’idea di evangelizzare l’imperatore e l’èlite colta dei mandarini, i letterati  custodi della cultura confuciana.  Per riuscire nell’intento il gesuita maceratese indossò i panni di un mandarino e imparò a memoria i classici confuciani, per dare lustro alla cultura millenaria del “paese di centro”, come ancora oggi e’ chiamata la Cina(Zhonguo)  in cinese. Ma già a quell’epoca,  l’imperatore e i mandarini rimasero affascinati dalle conoscenze dei gesuiti in ambito scientifico e culturale: dalla matematica, all’astronomia, alla costruzione degli orologi, alla geografia nonchè alla cartografia con i famosi Mappamondi. Da allora la diplomazia gesuita e poi cattolica in  genere non si è comunque mai arrestata, sebbene a fasi alterne, ma la predisposizione mistica del popolo cinese insieme ai presupposti culturali non hanno mai favorito  la diffusione delle religioni soprattutto monoteiste, forse meno flessibili e adattabili alle varie culture come il buddismo: religione di origine indiana, il buddismo  ha assunto connotazioni diverse in Cina, in Tibet (buddismo lamaista), nei paesi dell’Indocina, in Giappone…” La recente nomina di Stephen Chow  a Hong Kong, ci conferma il direttore di Asia News, “è una scelta del papa senza intervento cinese, secondo fonti vaticane, sebbene sia avvenuta dopo molte titubanze”. Un risultato importante a cui si contrappongono gli arresti di qualche giorno fa. “Oggi, se ascoltiamo lo Spirito”,  ha detto papa Francesco  domenica scorsa nel giorno della Pentecoste,  riferendosi  in particolare alla Cina,  “non ci concentreremo su conservatori e progressisti, tradizionalisti e innovatori, destra e sinistra: se i criteri sono questi, vuol dire che nella Chiesa si dimentica lo Spirito”. E ha invitato a “dire no alle ideologie”. “Gli ‘ismi’ sono ideologie che dividono, separano”, ha detto a braccio.” Quanto è lungo allora  il cammino dei cattolici in Cina, quanti ostacoli dovrà ancora superare e che  impatto potrà  avere il messaggio spirituale in una cultura così lontana ma antica e millenaria?  Un mondo in cui le basi del pensiero e dello spirito   sono soprattutto di carattere filosofico  piuttosto che religioso, a cominciare dal confucianesimo. – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Dopo-gli-accordi-ancora-arresti-e-il-cattolicesimo-in-Cina-subisce-altra-battuta-arresto-88eb9325-43a6-44bb-86df-9758f86b01e2.html