(Ehnsan Soltani di Notizie Geopolitiche) – I talebani sono entrati a Kabul, con un avanzamento veloce, conclusosi in pochi giorni. Alla base della rapidità dell’operazione ci sono diversi motivi, tra cui uno dei principali consiste nella loro interpretazione di “guerra”, definita “Jihad contro malfedeli / infedeli e fantocci finalizzata alla fondazione dell’emirato islamico”. I talebani hanno un’ideologia e un obbiettivo: hanno collegato e basato la loro guerra all’identità islamico-afgana, una combinazione di religione e nazionalismo che ha fatto breccia nella maggioranza della tribù Pashtun.
Dalla prima guerra anglo-afgana (1839-1842), combattuta dagli afgani contro la britannica Compagna delle Indie orientali (The British East India Company) e vinta dai primi, fino all’invasione degli Stati Uniti dell’Afghanistan nel 2001, l’idea di “scacciare gli infedeli” probabilmente è stata il fattore più potente di unità e per la mobilizzazione dei combattenti dell’Afghanistan.
Dall’altra parte, cioè da quella del governo filoamericano e dei suoi sostenitori, la guerra veniva interpretata come atto di difesa contro i talebani, ovvero difendere la Repubblica e i valori che il governo centrale ha individuato dal 2001 per vent’anni. Si tratta a ben vedere di un concetto vago, inefficace e astratto per la comunità afgana! Il governo centrale e suoi sostenitori, con il potere assoluto avuto durante i 20 anni, non sono riusciti a spiegare alla gente comune i valori di Repubblica, di democrazia, di libertà di opinione e di diritti civili. D’altronde si trattava di un governo che, in base alla partecipazione alle tornate elettorali, non rappresentava neanche 20 percento della società; inoltre il governo di Kabul era noto per la sua corruzione, per le menzogne ​​e per etnocentrismo. Negli l’ultimi anni una frase girava molto fra il popolo afgano: “non ci si può fidare di un governo che ruba gli stipendi dei militari”.
Naturalmente non si può ignorare il ruolo dell’uscita imprevista e frettolosa degli Stati Uniti. Ma allo stesso tempo non si può ignorare che Washington ha speso più di 800 miliardi di dollari in Afghanistan negli ultimi 20 anni in operazioni di combattimento, addestramento e armamento delle forze afgane e investimenti in aree civili, e quando nel 2003 quando gli americani hanno iniziato l’addestramento dell’esercito afgano c’erano quasi 30mila soldati, mentre oggi sono più di 350mila. Com’è possibile, casi chiede che un esercito così addestrato ed equipaggiato sia crollato senza sparare un proiettile?
Per dare risposta a questa domanda bisogna considerare quattro fattori:o fattori importanti abbiano giocato un ruolo importante in questo:

1. l’alto tasso di corruzione dei leader afghani.
Negli l’ultimi anni diversi account dei social network vicini ai talebani hanno operato per mostrare la corruzione dei funzionari del governo, venivano diffuse immagini, video e notizie che mostravano il benessere privato degli alti membri del governo fatto con i soldi pubblici, mentre la maggior parte della società afgana guadagnava meno di un dollaro al giorno! Video che ad esempio mostravano il castello di lusso del generale Dustom o la fortuna di Ismail Khan, cose che aumentavano la rabbia della società.

2. il fenomeno dei “due stati”.
La società afgana è stata praticamente frammentata negli ultimi sei anni dai dissidi etnici, una realtà che poco ha a che fare con le strutture politiche “importate” dagli Usa nel paese. Difatti Ashraf Ghani e Abdullah Abdullah hanno gareggiato nelle ultime due elezioni, ed entrambe le volte il secondo non ha accettato il risultato delle elezioni, cosa che ha gettato il paese in una crisi politica risolta con una mediazione che di fatto ha portato di fatto a due presidenti: Abdullah per prima volta è stato presidente del Consiglio esecutivo e poi presidente del Consiglio nazionale di riconciliazione.
Ghani governava da “Arg”, la cittadella di Kabul, e Abdullah da “Sepidar”, ed entrambi avevano il proprio governo e il proprio gabinetto. Oltre a loro i politici conosciuti come Ismail Khan ad Herat, Ata Muhammed nel Balkh, e il generale Dustom nel Fariyab avevano loro governo. In pratica in Afghanistan mancavano una sovranità integrata e un’autorità unificata necessarie per guidare il paese, fatto di società tribali e città lontane.

3. Questa struttura corrotta era sopravvissuta esclusivamente grazie all’assoluta dipendenza dal supporto esterno: gli americani stavano conducendo la guerra contro i talebani, nel frattempo i leader afghani pensavano che questa situazione sarebbe durata per sempre. In apparenza tutto era in ordine. Centinaia di migliaia di truppe e forze di sicurezza addestrate dalla Nato hanno permesso una costituzione progressista ma in gran parte solo sulla carta; vi sono stati alcuni sviluppi economici positivi che hanno permesso al paese di lasciarsi alle spalle il periodo buio degli anni Novanta, tuttavia alcuni fatti sono innegabili, come le dimensioni della piccolissima economia. Questo ha fatto vedere che alla fine la realtà delle cose è stata offuscata dalla propaganda e da un debole ottimismo. La svolta vi è stata quando l’America “ha rinunciato” all’Afghanistan e ha fatto capire che la festa è finita!
La valanga che oggi sta distruggendo l’Afghanistan è partita dal 2013, quando gli americani hanno accettato che i talebani aprissero un ufficio a Doha (dove gli Usa hanno la più grande base militare del Golfo Persico) e che venissero avviati negoziati in segreto con i talebani, proseguiti solo a partire dal 2018 con la presenza del governo afgano. Trattative che nel 2020 hanno obbligato il governo d Kabul a liberare quasi 6mila terroristi: è in questo preciso momento che sia il governo che l’esercito hanno perso la fiducia fiducia in loro stessi e visto come i talebani hanno potuto sconfiggere l’America.
Come l’ex Unione Sovietica non è riuscita a instaurare il socialismo in una società tribale con la forza della baionetta, così gli Stati Uniti dopo vent’anni di guerra non sono riusciti a impiantare lì il proprio modello di democrazia liberale.
I principali colpevoli tuttavia erano i leader afghani. Non potevano unirsi, la corruzione e la divisione erano complementari. I Mujahideen, che misero in ginocchio l’Armata Rossa nelle fredde montagne dell’Hindu Kush, divennero mediatori e mercanti in epoca americana. Nessuno vedeva né quell’antico spirito combattivo né il desiderio di avere un esercito professionale a difesa della patria.
Non a caso il presidente Usa Joe Biden ha dovuto ammettere che “Li abbiamo addestrati e abbiamo dato loro le armi, ma non abbiamo potuto dare loro la volontà di combatterli e unirli”. Nikita Krusciov disse agli egiziani durante la guerra di Suez: “Abbiamo dato armi all’Egitto, si offrono di combattere se stessi, non andremo al canale ad essere uccisi per loro!”.

4. Anche i motivi dei talebani alla base del conflitto sono molto vago.
Soprattutto i paesi vicini, che ancora stanno seguendo i cambiamenti con stupore, non conoscono esattamente cosa voglia dire “emirato islamico dell’Afghanistan”, e che meccanismo verrà adottato per far funzionare il paese. I talebani sono inesperti nell’arte del governare e non sanno nulla di economia, politica, relazioni internazionali, come neppure sanno come funzionano i rapporti diplomatici fra i paesi; ma i talebani credono pienamente nel loro “emirato islamico” per i valori che condividono, in quanto credono fermamente che l’obiettivo di costruire un emirato darà loro la forza di unirsi. L’America ha firmato un accordo con loro, la Cina, la Russia e l’Iran li hanno riconosciuti come forze armate e politiche legittime. Era il momento giusto per loro per raggiungere il loro ventennale sogno.
I talebani hanno conquistato la maggior parte delle province senza fare guerre sanguinose. Per esempio il corridoio strategico del Wakhan (una stretta striscia di territorio afgano nella provincia del Badakhshan) è stato conquistato con quattro auto dei talebani senza sparare neanche un proiettile, mentre gli abitanti di Wakhan davano loro il benvenuto. I militari dell’esercito afgano non avevano nessuna motivazione per difendere il paese, nei casi sporadici di resistenza i capi delle tribù locali hanno cercato di mediare fra i militari dell’esercito e i talebani, spesso la resa in cambio della vita. In alcune province vi sono stati accordi fra il “vali” (presidente provinciale), i comandanti dell’esercito e i talebani per la resa in cambio di soldi. Nelle province in cui i rapporti tra le grandi tribù erano regolamentati in modo tradizionale e non secondo la Costituzione, come avveniva da una ventina d’anni), i militari erano coscienti di non avere dalla loro parte il popolo.

I miliziani talebani avevano l’ordine di non adottare atti violenti dopo aver conquistato le città nel tentativo di crescere una legittimità internazionale: si tratta di promesse deboli, dal momento che stanno mentendo nel tentativo di ingannare la comunità internazionale. non sono trascorse neppure due settimane dalla fucilazione di Khashe Zwan, comico afgano, a Kandahar. La settimana scorsa è stato ucciso ad Arzagan Abdullah Lutfi, famoso poeta. Ed ancora non sono arrivati al potere, che a Harat le ragazze non possono frequentare le università.
A Kabul e Harat le testimonianze riportano che la gente è terrorizzata, è impaurita, confusa. I negozianti stanno togliendo le foto di donne dalla vetrina, ad ogni ora si sentono voc. Ad ogni ora c’è una nuova voce che gira in città. E man mano che passano i giorni, appare evidente che non si possa fare più nulla per il popolo afgano, nessuno lo può aiutare: probabilmente invece di scappare deve lottare per salvare se stesso e la nazione, magari chiedendo l’aiuto internazionale.