Città del Vaticano (Askanews) – Papa Francesco ha convocato per oggi in Vaticano i responsabili cristiani libanesi per una ‘giornata di preghiera e dialogo’ dedicata al Paese dei cedri, dal taglio spirituale e senza la partecipazione di politici, che avrà però inevitabilmente una portata politica e verterà prevedibilmente attorno al concetto di cittadinanza.
Politica e religione in Libano sono inestricabimente connessi. Nel paese in cui, secondo il Cia factbook, i musulmani sunniti sono il 30,6%, gli sciiti (esclusi alawiti e ismailiti) son il 30,5% e – fatto unico in Medio Oriente – i cristiani, prevalentemente maroniti, sono il 33,7%, il ‘mosaico’ etnico e religioso è complesso, messo periodicamente in questione da forze interne e pressioni esterne, e particolarmente prezioso per la Santa Sede. L’ordinamento giuridico dell’ex colonia francese, inoltre, assicura la rappresentanza ai tre gruppi maggiori: il primo ministro è sunnita, il presidente del Parlamento sciita, il presidente della Repubblica cristiano. Un meccanismo complesso, che a volte si inceppa.
L’assassinio, nel 2005, due anni dopo l’invasione dell’Iraq da parte statunitense, del primo ministro sunnita del Libano, Rafiq Hariri, ebbe un impatto devastante. ‘Eliminare i moderati e polarizzare i contrasti, ha rafforzato i fanatismi e convinto molti cristiani che solo l’alleanza delle minoranze religiose con la minoranza religiosa e politica dell’Islam – ossia con gli sciiti – avrebbe consentito la sopravvivenza delle comunità cristiane’, analizza Riccardo Cristiano, giornalista e grande esperto di storia e attualità libanese. ‘Questa scelta che cancella la prospettiva della comune cittadinanza ed eternizza i conflitti, non ha dato risultati né in Iraq, né in Siria, né in Libano, ove oggi i cristiani si sono ridotti a piccolissima parte di quel che erano’.
Una situazione peggiorata con la crisi economica degli anni passati e precipitata, infine, il 4 agosto del 2020: l’esplosione di un deposito di nitrato d’ammonio nel porto commerciale – sulle cui cause le indagini non hanno ancora fatto luce – ha devastato ampi settori di Beirut, ha fatto cadere il governo – il paese da allora ne è privo – ed ha diffuso tra la popolazione un misto di rabbia, rassegnazione e sfiducia nella classe politica.
In questa condizione incandescente, il Patriarca maronita Bechera Rai ha assunto, nel corso del tempo, una posizione di contrappunto al caos che, ora, papa Francesco è intenzionato a rafforzare.
L’idea del patriarca è quella di un Libano che, con il sostegno internazionale, diventi ‘neutralmente attivo’: ‘Una neutralità’, spiega Cristiano, ‘che non si chiama fuori ma non si chiama dentro: non è parte né dei vecchi tentativi panarabista o panislmista né di quelli nuovi, l’imperialismo del Golfo e l’imperialismo iraniano, ma cerca di rispettare le diverse statualità’. A questo schema di politica estera ne corrisponde uno di politica interna: ‘Né con i sunniti contro gli sciiti né con gli sciiti contro i sunniti’, riassume Riccardo Cristiano, ‘ma uno Stato attivamente neutrale per cercare di superare le dispute nella sovranità nazionale’.
Un’idea laica, che rappresenterebbe ‘un grosso vantaggio per il Libano ma un grosso problema per Hezbollah, che ha trasformato la resistenza in una ideologia’. Secondo Cristiano, infatti, ‘la guerra civile libanese ha fatto affiorare il ruolo della forza miliziana e confessionale di Hezbollah, l’unica rimasta in armi anche dopo il ritiro israeliano dal Sud del Libano, nel 2000. Il ‘partito di Dio’ trasformato in avamposto dei pasdaran iraniani verso il Mediterraneo, ha sfruttato le forti e fondate insoddisfazioni popolari per i regimi arabi, incapaci e corrotti, senza mai cercare le soluzioni, ma solo aggravando i problemi’.
Hezbollah, ora, trova una sponda nell’attuale presidente libanese, il cristiano Michel Aoun, che, giunto a 86 anni, tende ad accentrare su di sé la rappresentanza delle diverse anime cristiane del paese, pronto a fare alleanze con la ‘minoranza’ sciita.
Il punto focale di questa posizione è che ‘non si accetta la prospettiva della comune cittadinanza’, spiega Cristiano. ‘La cittadinanza comprende sciiti, sunniti, cristiani, non vincola le mani a nessuno su base confessionale, e va nella direzione della neutralità di cui parla il patriarca Rai’. Un approccio che potrebbe portare alla nascita di un governo di unità nazionale, con una forte componente tecnica, e permetterebbe al paese di provare a voltare la pagina del settarismo e delle polarizzazioni.
Questa è, da tempo, la linea della Santa Sede. ‘I cattolici del Medio Oriente, che in maggior parte sono cittadini nativi del loro paese, hanno il dovere e il diritto di partecipare pienamente alla vita della nazione, lavorando alla costruzione della loro patria’, scriveva già nel 2012 Benedetto XVI nell’esortazione pastorale Ecclesia in Medio Oriente. ‘Devono godere di piena cittadinanza e non essere trattati come cittadini o credenti inferiori. Come in passato, quando, pionieri della rinascita araba, erano parte integrante della vita culturale, economica e scientifica delle varie civiltà della regione, desiderano oggi, ancora e sempre, condividere le loro esperienze con i musulmani, fornendo il loro specifico contributo’. Il contrario – e se ne sono viste le drammatiche conseguenze in diversi paesi mediorientali, sia per la comunità cristiana che per la società nel suo complesso – è puntare su protettorati, alleanze tra gruppi, settarismo, o, come disse, stigmatizzandolo, il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, nel 2014, ‘farsi tutelare o proteggere dalle autorità politiche o militari di turno per ‘garantire’ la propria sopravvivenza’.
Ora toccherà a Papa fare la sintesi. L’autorevole quotidiano cristiano libanese L’Orient le Jour scrive che i diversi leader cristiani che parteciperanno alla giornata di domani non sono unanimi. Difficile, di conseguenza, che esca un documento finale. Ma Francesco prenderà la parola a fine incontro, e proverà a tracciare una via d’uscita dalla crisi. La ‘sorpresa’ dell’incontro, scrive il giornale, potrebbe essere il riconoscimento da parte del Vaticano della ‘necessità di un consenso internazionale sul Liban’ e sullo ‘svolgimento di una conferenza internazionale sul Libano come è stata richiesta da mesi dal patriarca maronita’. Per superare lo stallo, cristiani e musulmani insieme, laicamente, nel nome della laicità.
‘Nonostante tutto’, scrive un ottento osservatore di cose mediorientali, Gianni Valente, su Fides, agenzia della congregazione vaticana per l’Evangelizzazione dei popoli, ‘la convivenza tra le 18 denominazioni religiose che compongono il mosaico libanese non è stata gravemente contagiata dai conflitti settari che hanno dilaniato nell’ultimo decennio la vicina Siria altri Paesi mediorientali come l’Iraq. Il ‘miracolo’ libanese, sospeso alla quotidiana convivenza tra cristiani e musulmani sciiti e sunniti, rimane sempre a rischio, ma la memoria tragica degli anni della guerra civile – che ha visto anche cristiani uccidere altri cristiani, e musulmani uccidere altri musulmani – sembra aver seminato nelle anime di tanti libanesi potenti anticorpi che resistono alle pressioni di chi vorrebbe ridurre le diverse identità confessionali a bandiere ideologiche di fronti in lotta per il potere. Adesso, l’anomalia del ‘grande compromesso’ libanese potrebbe trovare nuovi spunti di ispirazioni nei cammini di fraternità suggeriti anche da Papa Francesco con il Documento di Abu Dhabi, con il viaggio in Iraq e l’incontro con l’Ayatollah Ali al Sistani e con l’enciclica Fratelli Tutti. Superando le narrazioni obsolete e manipolatorie e fuorvianti che soprattutto in Occidente continuano a rappresentare il Libano come una sorta di ‘roccaforte cristiana’ assediata dall’ostilità islamica’.
Il programma della giornata, intitolata ‘Il Signore Dio ha progetti di pace. Insieme per il Libano’, prevede che alle 8.30 a Casa Santa Marta, residenza del papa, Francesco saluta i Responsabili delle Comunità cristiane libanesi e i membri delle Delegazioni, si recano insieme in processione a San Pietro, dove alle 9 si svolge un breve momento di preghiera. Poi avvengono, nel corso della giornata, tre sessioni di consultazioni nel Palazzo apostolico: dalle 10 alle 11.05, poi, dopo una pausa, dalle 11.20 alle 13, e infine, dopo un pranzo e una pausa a Casa Santa Marta, dalle 16.30 alle 18, quando avrà luogo nella basilica vaticana una preghiera ecumenica conclusiva per la pace.
Come nella Basilica di San Nicola a Bari, il 7 luglio 2018, co i rappresentanti delle Chiese orientali, il tavolo dell’incontro, nella sala Clementina, sarà rotondo, ed intorno ad esso siederanno insieme al Papa il Catholicos di Cilicia degli armeni, Aram I; il Cardinale Bechara Boutros Rai, Patriarca di Antiochia dei maroniti; il Patriarca di Antiochia dei greco-ortodossi Yohanna X Yazigi; il Patriarca di Antiochia dei siro-ortodossi Ignatius Aphrem II; il Vescovo César Essayan, Vicario Apostolico di Beirut dei Latini; il Reverendo Joseph Kassab, Presidente del Concilio supremo delle comunità evangeliche in Siria e Libano; il Patriarca di Antiochia dei siro-cattolici Ignace Youssif III Younan; il Patriarca di Antiochia dei greco-melkiti Youssef Absi e il Vescovo di Beirut dei caldei, Michel Kassarji. All’incontro sarà presente anche l’Arcivescovo Joseph Spiteri, Nunzio apostolico in Libano, mentre al momento sembra confermata l’assenza di un rappresentante del Patriarcato di Cilicia degli armeni cattolici, visto che tutti i Vescovi di quella Chiesa patriarcale si trovano ancora in Libano per partecipare al Sinodo convocato per l’elezione del nuovo Patriarca.
‘Verso la fine della celebrazione, il segno della pace non sarà scambiato nel modo tradizionale – nel rispetto delle normative legate alla pandemia – ma alcuni giovani consegneranno ai leader cristiani una lampada accesa, che verrà poi collocata su un candelabro’, ha riferito il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della congregazione delle Chiese oritnaeli: ‘E’ la speranza di pace che le giovani generazioni consegnano chiedendo l’aiuto perché essa non venga spenta dalle tribolazioni del presente. Al termine il Santo Padre rivolgerà una parola conclusiva e prima del congedo donerà una formella a ricordo della giornata recante il logo con Nostra Signora del Libano’.