Siena (Mirabilia Orvieto) – Il Duomo fuori dal duomo. Uno slogan o una visione della cultura? A Siena si è elaborata un’idea innovativa sui beni culturali ecclesiastici da titolo “La Divina Bellezza: un progetto tra arte, cultura, storia e tecnologia”. Si parla di un’affascinante modalità di raccontare Siena e i suoi capolavori custoditi nella cattedrale, il tutto presentato come un evento fortemente spettacolare che offre ai visitatori l’opportunità di riscoprire luoghi, storia e tradizioni, dagli anni della ricchezza alla peste, dal Medioevo al Rinascimento. “Un progetto di respiro internazionale – si legge nella presentazione – che permetterà di rendere visibile l’invisibile e di rivivere non solo la storia di Siena e del Duomo, ma lo spirito e l’anima di un’intera città“.
Nonostante l’indiscutibile fama per il Palio più famoso del mondo, le splendide colline toscane, la gastronomia tutta italiana, nulla ha impedito agli amministratori di mettere in campo un’iniziativa all’avanguardia di alto valore storico-culturale finalizzata ad ampliare l’offerta turistica in modo del tutto originale. Siena ne è un esempio facendo del meraviglioso Duomo il suo polo attrattivo, il centro pulsante, il simbolo identitario e progettuale. Valorizzare oggi una Cattedrale non è come fare una lezione di storia dell’arte ma riscoprire simboli, significati, racconti che sappiano parlare all’uomo di oggi. Visitare il Duomo è sapere perché, nella cappella di san Brizio, Luca Signorelli dipinse la resurrezione della carne con i risorti che proiettano le loro ombre sulla pianura ultraterrena, o perché l’Anticristo venne ritratto come uno spregiudicato uomo politico di oggi sopra un piedistallo, o ancora perché nella cappella del Corporale Ugolino d’Ilario raffigura Giuseppe d’Arimatea con un vaso in mano che ricorda il Santo Graal, mentre sembra rapito da una visione. Una cosa è certa: nel Medioevo le immagini che riempivano le cattedrali non erano dei ‘fumetti’, ma il mezzo di comunicazione più potente e sofisticato mai prodotto dalla civiltà con cui i nostri antenati hanno rappresentato una visione del mondo ancora incredibilmente attuale. La magnifica cattedrale di Lorenzo Maitani e del Beato Angelico sta lì da secoli per comunicare la spiritualità e il pensiero di un’epoca leggendaria che fa parte dell’immaginario collettivo. Ma un’opera come il duomo non racconta solo il passato. “L’arte – sottolinea la direttrice della collezione di arte moderna dei Musei Vaticani – ha lo straordinario potere di sintetizzare le idee e di essere in qualche modo profeta del futuro… L’arte ha sempre avuto il potere di anticipare, di prevedere…la capacità di essere rivoluzionaria e innovativa, provocatoria ed evocativa al tempo stesso“. I beni culturali rappresentano un luogo cosiddetto ‘terzo’ dove non si entra da clienti, da destinatari di un marketing, ma per apprendere, per arricchire la propria vita, per aprire nuovi orizzonti, per costruire una società più umana fatta da cittadini consapevoli. L’arte si trasforma così in ‘messaggio’ da portare alla gente; cattedrali e musei non vanno solo gestiti, amministrati, ma considerati come qualcosa di importante da valorizzare e trasmettere, una vera e propria ‘missione’ dentro un mondo che sta perdendo vertiginosamente il valore, la bellezza della cultura. La sfida di oggi sta proprio nella capacità di trasformare questa bellezza in un vero “progetto culturale” che coinvolga Istituzioni e Imprese, dato che la presenza di un patrimonio da sola non basta a generare sviluppo. Ci vuole sensibilità, intelligenza, preparazione e tanto, tanto coraggio perché nel nostro Paese, provincia e non, anche la semplice decisione di salire su un treno – come si suol dire – non è poi così facile. Per comprendere meglio la crisi che stiamo attraversando basta andare indietro nel tempo, 41 anni prima dell’unità nazionale, quando Carlo Vidua, Conte di Conzano, si reca in Egitto attorno al 1819 e fa del tutto per spingere i Savoia ad acquistare un’importante collezione. In quell’occasione, per convincere i reali, l’esploratore sosteneva che solo se Torino avesse comprato quella collezione aprendo un museo, l’Italia, l’Italia che non esisteva ancora, sarebbe stata un grande Paese. Sta qui tutto “il valore che veniva dato alla cultura -afferma il direttore del museo egizio di Torino – e il valore dell’investimento che i Savoia decisero di fare con questo museo davvero lungimirante: la cultura intesa come colonna identitaria di un Paese“. È dunque il tempo che i nostri monumenti tornino a parlare, ad insegnare, a toccare il cuore, l’anima e la mente delle persone. Per far questo occorre riscoprire la loro identità, e cioè il ‘Genius loci’ che è quell’insieme di simboli e immagini che costituiscono lo spirito più profondo, l’anima, l’essenza del nostro patrimonio culturale e storico: se collegati alla nostra vita, alla nostra esperienza personale, questi luoghi diventano vivi e attuali trasformandosi in ‘luoghi dell’anima’. Sembra che l’uomo di oggi sia sempre più attratto dalle grandi opere d’arte e questo rappresenta uno dei fenomeni sociali più significativi del nostro tempo. In tale contesto sociale, culturale e psicologico si cercano ‘luoghi’ che parlano di un senso forte, di una identità sicura, ed è allora che le cattedrali con i loro capolavori d’arte diventano ‘vive’ svelando tutta la loro forza e la loro efficacia per guidare lo spettatore in un’esperienza davvero totale e personale di ciò che è lì rappresentato.