Colombo (Asia News) – Ricorre in questi giorni nello Sri Lanka – si apprende da Asianews – l’anniversario del “luglio nero”, l’ondata terribile di violenze contro i tamil che nel 1983 ha dato inizio alla lunga e sanguinosa guerra civile terminata nel 2009. Ci fu lo scontro tra il governo dello Sri Lanka e l’organizzazione delle Tigri Tamil per il loro affrancamento dallo Stato centrale. Si stima che il conflitto, durato 25 anni, abbia causato la morte tra 80.000 e 100.000 persone. Si tratta di ua ferita che resta aperta nel Paese e che il Christian Solidarity Movement ha voluto mettere al centro di una campagna con l’intento di superare le tensioni etniche che 38 anni dopo restano tuttora presenti.
Introdotte leggi, non soluzioni realistiche. L’evento centrale è stato un incontro tenuto al Centro Maradana  per la società e la religione il 20 luglio scorso. A tenere l’intervento principale è stato il monaco buddhista Udawala Nanda Thero: “Le vere ragioni che portarono a quella tragedia – ha detto – non sono state ancora affrontate. Sono state introdotte leggi, ma non soluzioni realistiche. Dobbiamo chiederci con sincerità dove stiamo andando: nello Sri Lanka di oggi stiamo realmente seguendo le orme di Desmond Tutu o di Martin Luther King? No, stiamo solo seguendo un’ideologia che divide tra minoranze e maggioranza. Servirebbero, invece, una lingua comune e percorsi educativi che aiutino Tamil, sinhala e musulmani a vivere insieme fin dall’infanzia”.
Il razzismo continua a perpetuarsi. All’incontro ha portato la sua testimonianza anche Marimuttu Sathivel, un sacerdote anglicano di etnia tamil. “Nel 2003 – ha ricordato – è stata data la cittadinanza alle persone di origine indiana, ma non a chi era fuggito in India a causa della guerra. Tuttora ci sono 107 campi di rifugiati in viarie parti dell’India e 58mila persone a cui non è riconosciuta la cittadinanza in nessuno dei due Paesi. Questo è ciò che resta del luglio nero del 1983”. “Il popolo tamil – ha aggiunto ancora Sathivel – non è ancora stato coinvolto nel processo di sviluppo economico di questo Paese. Oggi ci sono 146mila lavoratori nelle piantagioni delle colline, ma un numero di giovani tre o quattro volte superiore lavora a Colombo in fabbrica o come domestici senza alcuna forma di tutela. Il razzismo continua a perpetuarsi. Vogliamo solo il diritto di poter vivere su questa terra in sicurezza”. Al termine dell’incontro promosso dal Christian Solidarity Movement i partecipanti hanno dato vita a una protesta simbolica al Lipton Circus a Colombo, innalzando cartelli con gli slogan “No al razzismo” e “Protezione per i diritti delle minoranze”.