Viterbo (Anna Maria Stefanini di La Mia Città News) – Mentre Viterbo si prepara a celebrare i 750 anni dal primo conclave della storia La Mia Città News ha voluto ricostruire per voi i drammatici eventi che hanno fatto della nostra città l’epicentro della cristianità.
Per comprendere meglio l’importanza di quegli avvenimenti è opportuno approfondire le coordinate storico-culturali dell’epoca: il Medioevo; il tempo in cui Viterbo è centro di primaria importanza, crocevia di papi e imperatori. Ma anche di interessi, intrighi, congiure ed assassini.
L’elemento senza dubbio dominante della cultura medievale è la religione cristiana. La religione influenza l’arte, la letteratura, la filosofia, la scienza e muove decine di migliaia di pellegrini lungo le rotte della cristianità; la celeberrima Via Francigena è la maggiore delle direttrici di quell’epoca di mezzo.
Una seconda dinamica storica utile alla collocazione degli eccezionali fatti di Viterbo è il secolare scontro tra papato e impero germanico e tra le fazioni dei guelfi e dei ghibellini, lascito della famosa “lotta delle investiture” di un secolo e mezzo prima; ossia l’aspro conflitto tra l’istituzione papale e il Sacro Romano Impero sul diritto di nomina del papa e degli ecclesiastici, che contrassegnerà tutto il periodo a cavallo fra XI e XII secolo, fino al 1122, quando papa Callisto II e l’imperatore germanico Enrico V stipulano il celebre Concordato di Worms, probabilmente il secondo concordato dopo l’editto di Tessalonica (380 d.C.; atto con cui gli imperatori romani ratificarono il cristianesimo quale religione di stato) e l’antecedente dei Patti Lateranensi del 1929.
Al tempo dei fatti di Viterbo un terzo potente attore, guelfo e filo-papale, occupa la scena europea: la monarchia francese, allora retta da re Luigi IX di Francia (1214-1270), detto Luigi il Santo.
Uno degli eventi più sanguinosi di quel periodo è la decapitazione del 16-enne Corradino di Svevia, erede della dinastia degli imperatori germanici, inflitta dal guelfo Carlo d’Angiò, figlio del re francese Luigi VIII.
Un ulteriore efferato delitto si consuma proprio a Viterbo e proprio al tempo dello svolgimento dell’elezione papale; un pluriomicidio, maturato all’interno alle ramificazioni della monarchia franco-inglese: l’assassinio di Enrico III d’Inghilterra e di altri, nella chiesa di S. Silvestro, da parte del cugino Guido Montfort, all’epoca vicario di Carlo d’Angiò in Toscana. Un delitto ricordato da Dante nel XII Canto dell’Inferno.
La ricostruzione di questo complesso scenario storico comprende anche l’ottava crociata, quella in cui partecipano Carlo d’Angiò ed Enrico III e in cui muore il re di Francia Luigi IX.
In questo clima l’elezione papale – che allora non si chiamava ancora “conclave” – celebrata a Viterbo fra il 1268 e il 1271, con i suoi 1006 giorni, è la più lunga e tormentata della storia della Chiesa e la più citata dalle enciclopedie e dai libri di storia e sarà proprio la cittadinanza viterbese a sbloccare l’impasse in cui erano precipitati i cardinali elettori.
Ma perché l’elezione si svolge proprio a Viterbo? Per due ragioni concomitanti. Perché in quel periodo, dal 1257 al 1281, per volontà di papa Alessandro IV, Viterbo era la “Città dei Papi”, ossia la sede pontificia ufficiale al posto di Roma (ma diversi papi soggiorneranno a Viterbo per periodi più o meno lunghi praticamente per tutto il Medioevo e parte del Rinascimento) e perché l’antica tradizione esigeva che l’elezione di un papa si svolgesse proprio nella chiesa cattedrale della città dove era deceduto il suo predecessore; in questo caso Clemente IV, uno dei papi che avevano optato per la sede viterbese.
Ovviamente i cardinali incaricati dell’elezione del nuovo papa non sono estranei agli interessi geopolitici in gioco e ai torbidi eventi di quel periodo.
Il Sacro Collegio è composto di 20 cardinali ma uno si trova al seguito della VIII crociata e due muoiono durante il conclave. Alcune fonti storiche riferiscono che sette o otto sono di parte guelfa, filo-angioina, la cosiddetta “pars caroli” e otto di parte ghibellina, o “pars imperii”, filo-germanica ma è certo che tra i prelati corrono antichi rancori e contrasti personali e famigliari. Dal momento che per l’elezione del nuovo papa è necessaria la maggioranza qualificata di due terzi, è evidente come tale soglia sia un traguardo molto difficile da raggiungere in un collegio praticamente spaccato a metà.
Alcune fonti storiche riferiscono che i cardinali abbiano in realtà trovato almeno due intese: quella sulla figura di Filippo Benizi, stimatissimo religioso e quella sul futuro santo Bonaventura da Bagnoregio (1217/1221 – 1274), successore di S. Francesco d’Assisi.
Ma, stando alle medesime fonti, entrambi rifiutano la designazione. È altrettanto attendibile che Bonaventura si impegnerà a fondo per favorire un accordo fra i cardinali; un accordo che prevede la nomina di una figura esterna al collegio. Naturalmente anche Carlo d’Angiò e il nuovo re di Francia Filippo III seguono con interessata premura il corso degli eventi.
È esattamente in questo stallo che entra in scena l’attore inatteso e risolutivo: la città di Viterbo.
Il podestà Alberto di Montebuono e il capitano del Popolo, l’energico Raniero Gatti, in rappresentanza del sentimento dei cittadini viterbesi, il 1° giugno 1270 chiudono le porte della città e fanno condurre a forza i rissosi cardinali elettori nel celebre Palazzo di Papi con il severo ammonimento di tenerli segregati fino ad elezione avvenuta. Non soltanto: Raniero Gatti fa ridurre le razioni alimentari e scoperchiare la parte del tetto del salone dove i prelati sono alloggiati. Sembra che l’idea dell’elezione a cielo aperto sia stata suggerita a Raniero da un’arguta battuta del cardinale Giovanni da Toledo: “Discopriamo, signori, questo tetto; dacché lo Spirito Santo non riesce a penetrare per cosiffatte coperture.”
Bonaventura inasprisce ulteriormente i suoi pubblici e poco serafici biasimi all’indirizzo dei litigiosi cardinali al punto che questi finalmente patteggiano almeno un accordo di metodo: dar vita ad una commissione a sei delegata all’individuazione, entro due giorni, del successore di Clemente IV. Inopinatamente la commissione si rivela produttiva e, il 1º settembre 1271, in poche ore, i prelati raggiungono finalmente un accordo e individuano nel piacentino Tedaldo Visconti il nuovo papa.
Il prossimo 1° settembre sarà dunque il 750° di quella fondamentale svolta.
Tedaldo Visconti è figura di grande prestigio che però presenta due problemi: al momento dell’elezione si trova fuori dall’Italia essendo impegnato nella IX crociata e non è nemmeno ordinato prete, avendo ricevuto soltanto i cosiddetti “ordini minori”. Informato dell’elezione, Tedaldo giunge a Viterbo il 10 febbraio 1272 venendo immediatamente ordinato prete.
L’incoronazione ufficiale come papa della chiesa cattolica verrà celebrata in Roma il successivo 27 marzo col nome di Gregorio X. Tra i primi atti adottati dal nuovo pontefice vi è la modifica delle procedure d’elezione e l’introduzione di regole severissime, comprendenti persino la scomunica, la rimozione dai pubblici uffici e il titolo di “infami” ai cardinali negligenti.
Quello di Viterbo sarà il primo vero conclave della storia della chiesa: “conclave” viene dal latino “clausi cum clave”.