da il Filo del Mugello – Lo constatiamo ogni giorno anche in tanti commenti ai nostri articoli su Facebook. Anche nei nostri paesi, anche tra noi, sta montando una marea melmosa di odio, di disprezzo, che trova nel puntare il dito, nell’invettiva, nell’accusa, la propria ragion di essere.
Ci sono gli odiatori di destra, ci sono gli odiatori di sinistra, e ognuno si sceglie i propri bersagli, come in un immenso lunapark dove lo stand più frequentato è quello del tiro a segno.
Ci sono tanti bersagli: gli immigrati prima di tutto, poi qualche sindaco e il partito di governo, per rimanere a livello locale. Ci si arrabbia su tutto, si accusa su tutto. Poi c’è la ricerca, sempre e comunque, del capro espiatorio, della figura da additare come colpevole. C’è perfino chi gonfio di astio dà dei trogloditi a dei giovani mugellani che hanno “osato” partecipare a un’iniziativa con il Papa.
A nostro giudizio è il momento di fermarci, e di riflettere in modo serio sulla direzione che stiamo prendendo. Da questi fiotti di odio, di essere “contro” in modo così viscerale e ideologico non è mai scaturito niente di buono. Ideologico? Neppure sappiamo se questa sia parola appropriata, perché di solito non si vedono grandi idee in giro, né, tantomeno, sistematizzate in ideologia. Quel che si vede è comunque un rigonfiare di odio, di cattiveria, di pensieri violenti e intolleranti. Sempre di più, sempre più forti, sempre più espliciti, senza alcun ritegno o pudore. Senza rispetto. E non è un bel segno. Perché se torniamo a far prevalere prima nei nostri cuori, poi nelle scelte politiche, che c’è un nemico da abbattere, da odiare, da distruggere, ci dirigiamo dritti sugli scogli. E rischiamo di andare a picco. Pensiamoci. Di quali pensieri si nutrivano quelli che hanno piazzato bombe terribili in piazze e stazioni? Quali idee avevano accecato i giovani che sparavano alle gambe dei “servi dello Stato”, e hanno poi cominciato a uccidere? E quali idee ispiravano coloro che brandivano le spranghe nelle università? E qualche decennio prima, che cosa ha portato milioni di persone, in gran parte giovani, a spararsi gli uni gli altri e morire? Per non dire di coloro che hanno inneggiato e spinto per invadere altri Stati, per conquistare colonie, brandendo armi e idee di nazionalismo e di superiorità razziale.
Il dramma è che l’insulto, l’accusa violenta, l’odio verso chi non è come noi o non la pensa come noi, sta diventando la regola e non l’eccezione, sentimenti e modi di agire sempre più tollerati, accettati, condivisi. Adesso la violenza è quasi sempre soltanto verbale. Ma siamo sicuri che presto o tardi non si travalicherà questa invisibile barriera?
Dobbiamo fermarci, prima che sia troppo tardi. Dobbiamo tornare a dirci che sul “vaffanculo” -anche se questo è stato l’avvio di un movimento che ha vinto le elezioni – non si fonda un bel niente. Dobbiamo insegnare ai giovani e a noi stessi che certi valori, rispetto, ascolto delle ragioni degli altri, senso di responsabilità, onestà, senso comunitario, non sono avanzi del passato, ma architravi per una convivenza civile e pacifica. Osiamo dire di più: quei valori, quegli insegnamenti che sono eredità diretta del cristianesimo, il valore assoluto della persona umana, l’uguaglianza, l’amore verso il prossimo, la capacità di perdono e di misericordia, il senso di fraternità e di gratuità, sono i veri, unici antidoti a un preoccupante regresso che, se non lo arrestiamo, prima o poi sfocerà nel conflitto e nella guerra.