(Flavio Lazzarin di Settimana News) – Continuando la riflessione sul doppio registro della religiosità cattolica, caratterizzata dalla tensione tra istituzione e carisma, tra Tempio e storia, mi è parso di scoprire la stessa dialettica nel Tanakh: sembra infatti innegabile che anche nella Bibbia ebraica si intreccino, senza potersi mai riconciliare, la tradizione sacerdotale, che mette al centro il Tempio, il culto, il rito, il sacrificio, e la tradizione deuteronomista e profetica, che indica la strada della giustizia e dell’etica, della legge e della dottrina, come cammini privilegiati dell’incontro con Adonai. Diversità così marcate che possiamo avere l’impressione del miscuglio di due religiosità o, esagerando, di due religioni distinte.
Restiamo in qualche modo prigionieri di questo dualismo che segna la biografia di molti credenti, in cui alcune fasi sono state o continuano a restare ancorate alla tradizione del Tempio e altre, generalmente, a mio avviso spiritualmente e teologicamente più mature, segnate dalla ricerca di un Dio nascosto nei sentieri della storia.
Nella mia famiglia si facevano presenti queste due tendenze: nella mamma, che viveva e annunciava un cristianesimo ortopratico, di origine urbana, e nel papà, legato alla tradizione contadina, che privilegiava spazi sacrali ed ecclesiali. Convivevano nel matrimonio e, quando discutevano, senza dubbio appariva questo conflitto tra la contestata ipocrisia dell’appartenenza alla tradizione cattolica e la necessità di una coerenza etica obbediente al Vangelo. E non posso dimenticare che, in stagioni differenti della mia vita, anch’io sono stato sedotto dalla sacralità e dal potere del Tempio.
È importante ricordare che accettare la conversione per una “Chiesa in uscita” è un’opzione rischiosa, perché, in ambedue i Testamenti, il Tempio e la Tradizione sono nemici mortali dei piccoli e dei poveri.  Il Tempio perseguita e uccide metodicamente tutti i profeti fino a Gesù di Nazareth. E la storia della violenza della religione non si ferma “al sangue del giusto Abele, al sangue di Zaccaria” (Mt 23,29-37) e al sangue di Gesù, ma continua a seminare morte, come se fosse l’erede del secondo Tempio – quello di Esdra e Neemia – non certo legataria del Crocefisso vittorioso, condannato dai poteri di questo mondo.
Come sarebbe bello poter riscrivere la storia rivisitando il “prima e il dopo” che effettivamente ci condiziona: prima di Esdra e Neemia e dopo Esdra e Neemia! Combattere con un po’ di fantasia la continuità tra il secondo Tempio e i Templi successivamente egemoni, fino ad aggi. Ci riesce più facile, invece, fingere che viviamo nel tempo dopo Cristo, supponendo di essere ispirati e condotti dalla sua rivoluzione contro ogni potere.
È evidente, però, che non possiamo chiudere gli occhi davanti allo zelo omicida che contaminò anche il profeta Elia (1Re 19,14). Insomma, non è solamente il Tempio il nemico, ma anche il fanatismo dei giusti che diventano massacratori per la difesa del nome di Dio, sia nella Bibbia sia nella storia dei cristiani. Zelo genocida questo, che, secolarizzato dalle dittature di destra e di sinistra, trova nella tradizione religiosa gli alibi, le giustificazioni “teologiche” e “morali” dell’oppressione e dell’eliminazione dell’Altro, del “diverso”.
Insomma, oggi, ancora una volta, sapendo che il conflitto è biblicamente e storicamente normativo, siamo chiamati a scegliere se stare dalla parte di Saulo o dalla parte di Paolo.  Dalla parte dei carnefici. O dalla parte delle vittime e dei testimoni.