(Fabio Torriero di Lo Speciale) – Quando ascolto in tv certe frasi, pronunciate dai “soloni in camice bianco”, o dai politici, a partire dal premier, tipo “andiamo a stanare chi non si vaccina” o, “se tornano i contagi la colpa non è dei vaccini (mai mettere in discussione la nuova divinità), ma dei sessantenni che rifiutano il ricorso alle dosi”, o “chi non si vaccina deve stare in lockdown e non lavorare”, la prima cosa che mi viene in mente, è che il nazismo non è mai morto.
Noi, infatti, quando ci riferiamo al nazional-socialismo, o al comunismo, o al fascismo, pensiamo a un preciso leader, a un preciso momento storico, o un fenomeno politico e ideologico. Ma non immaginiamo che siamo in presenza, invece, di una categoria psicologica di massa che ci appartiene nel profondo, se non adeguatamente compressa, e che risorge sempre, ciclicamente in forme nuove. Oggi è lo Stato etico sanitario che piace tanto ai liberali nostrani, un tempo sostenitori dello Stato al minimo, certificatore delle libertà individuali, e da un anno e mezzo, fan dello Stato al massimo che viola di fatto la Costituzione (come interpretare il continuo prolungamento dei poteri emergenziali di Palazzo Chigi?). Uno Stato etico sanitario che sta imponendo un pensiero unico totalitario, religioso, che non ammette dissenso, critica, dubbi. Salvo demonizzare, ghettizzare gli scettici con categorie moralmente riprovevoli (eternamente beati contro eternamente dannati): complottisti, negazionisti, untori, irresponsabili, ignoranti etc. Patenti che fanno il paio con “razzista”, se non ti inginocchi in campo, prima di una partita di calcio, o “omofobo”, se non esalti il modello arcobaleno di famiglia e di società.
Davanti ai campi di concentramento nazisti spiccava la frase orribile, “Il lavoro rende liberi”. Ebbene, adesso, la frase può essere comodamente attualizzata in “Il vaccino rende liberi”. Di andare in vacanza, di lavorare, di frequentare le persone.
Entriamo nel dettaglio. Stendiamo alcune domande a cui lo Stato etico sanitario, la nuova faccia della globalizzazione e del controllo sociale attraverso la paura, non intende rispondere:
1) Perché quando ci si vaccina si firma il consenso informato e non avviene viceversa, il medico, l’Asl, il ministero, qualsiasi autorità non redigono un verbale dove dichiarano che i vaccini non fanno male? Perché si scarica la colpa sul cittadino “consapevole” dei rischi? Almeno che siano condivisi.
2) Perché la responsabilità per gli effetti dei vaccini, nero su bianco, non è delle case farmaceutiche, ma degli Stati, che tra l’altro, responsabile la Ue, hanno firmato contratti-capestro con Big Pharma? Si pensi alla mancanza di penalità, ma solo di rimedi da rinegoziare con successivi contratti. Per non parlare, di numerose parti sbianchettate (solo per le case farmaceutiche vale il diritto alla privacy), e dei conteggi trimestrali e non settimanali circa la distribuzione delle dosi, da considerare per eventuali contenziosi.
3) Visto che in tv da un anno e mezzo si fanno le stesse trasmissioni, focalizzate ossessivamente sul numero dei contagi e dei morti (comunicazione terroristica), perché non si fa mai una trasmissione dove si parla dei morti “dopo” la vaccinazione? Secondo Aifa, i dati non sono molto incoraggianti (ad aprile in Italia erano 100, con in testa, a sorpresa, Pfizer con 76 deceduti). Gli ultimi numeri dimostrano un’estensione di quelle che vengono furbescamente chiamate “reazioni anomale”. Il Tempo riprendendo uno studio diffuso da Quarta Repubblica del 15 giugno, è stato l’unico giornale non allineato e coraggioso: “328 morti in Italia, di cui 213 dopo Pfizer, 53 dopo AstraZeneca, 58 dopo Moderna, 4 dopo Johnson £Johnson. E ora?
4) Perché si minimizzano, dunque, i morti “dopo” il vaccino, dalle trombosi e via discorrendo (“cosa sono rispetto ai milioni di italiani”), e non si usa il medesimo argomento al contrario (“cosa sono in fondo i 130mila morti di Covid rispetto ai milioni di italiani”)?
5) Perché i “soloni in camice bianco” non ammettono che le loro certezze dogmatiche sono solo il frutto di sperimentazioni su poche centinaia di pazienti (su argomenti vitali come la pericolosità delle varianti, l’efficacia vera della vaccinazione eterologa, dopo il flop di AstraZeneca, fino alla data giusta per la validità del richiamo: 21 giorni, 41)?
6) Perché non spiegano la verità sul cambio di nome di AstraZeneca, neo-VaxZevria e del suo bugiardino?
7) Perché non dicono che la variante Delta si chiamava variante indiana, e che ha cambiato nome solo per non discriminare gli indiani, nel nome del buonismo?
8) Perché obbligano la gente non a un atto di scienza, come dovrebbe essere il vaccino (frutto della libertà di conoscenza e di scelta e non un obbligo psicologico, e un obbligo giuridico anticostituzionale), ma a un atto di fede?
9) Perché non comparano contagiati e morti della scorsa estate in assenza di vaccini, con questa estate (Indice Rt 2020: 0,72; indice Rt 2021: 0,69)? Forse per non ammettere che il tema è il sole, come per ogni influenza?
10) Perché non viene detto che gli effetti di Pfizer e Moderna, intervenendo sulle cellule, si vedranno tra qualche anno? Condannando milioni di persone a mille richiami? Quindi, alla dipendenza da vaccino?
Ecco, speriamo che arrivino risposte, ma ne dubitiamo, dato il clima di caccia alle streghe e omologazione indotta dall’alto. L’unica attenuante della scienza è che, salvo qualche esperto, ammalato di narcisismo virtuale, è una materia empirica, soggetta a modifiche e smentite, quindi, relativa, sperimentale e da navigazione a vista, specialmente di fronte a un pericolo nuovo, come il Covid. Non è appunto una religione. Una postura cui l’ha costretta la politica, incapace di assumere una posizione autonoma. Con il risultato che i soloni in camice bianco hanno fatto i sacerdoti (col rischio che vengano scomunicati se i vaccini non funzionano), e i politici hanno fatto i Ponzio Pilato.