(da politicamentecorretto.com) – Secondo l’Agenzia di Stampa Italiana ANSA il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (COPASIR)  organo del Parlamento della Repubblica Italiana che esercita il controllo parlamentare sull’operato dei servizi segreti italiani  ” segnala l’esigenza urgente e non più dilazionabile di un intervento legislativo che, anche tenuto conto delle varie iniziative richiamate in precedenza e in analogia a quanto accaduto in altri ordinamenti europei, doti il nostro Paese di una disciplina idonea a contrastare in modo più incisivo il crescente fenomeno della radicalizzazione di matrice jihadista, quale nuova frontiera della minaccia terroristica (..) La relazione ha evidenziato poi come il web e il carcere continuano ad essere “terreno fertile” per i fenomeni di radicalizzazione. Il Comitato ha poi invitato a valutare la possibilità di punire non solo la pubblicazione di materiale di propaganda ma anche la detenzione, così come avviene ” per altri reati sul web.
Il problema della radicalizzazione è un problema serio che necessita una risposta chiara anche per tutelare la comunità mussulmana in Italia . Ma la risposta non può essere solo dal lato penale . O per essere più precisi gli Stati devono dotarsi sia di una normativa penale ma anche di una normativa che prevenga il fenomeno in modo da contrastare e prevenire il formarsi di terreno fertile sul quale la radicalizzazione può insinuarsi.
Credo che in questa materia le autorità italiane potrebbero trovare nel Marocco un modello legislativo in grado di soddisfare entrambe le situazioni ovvero: contrastare e prevenire L’effetto della globalizzazione  ha facilitato la propagazione di qualsiasi interpretazione dei testi da parte di predicatori e teologi, avendo sfruttato appieno le nuove tecnologie per raggiungere direttamente i fedeli, soprattutto attraverso un discorso radicale, basato su una rigida interpretazione della religione. Anche il Marocco è stato esposto a questo fenomeno. I tragici incidenti terroristici perpetrati in Marocco nel 2003 hanno incarnato la necessità di una politica di ristrutturazione del campo religioso per poter affrontare la globalizzazione del pensiero religioso fanatico estremista. La ferma strategia del Marocco per la lotta al terrorismo si basa sulla lotta contro la radicalizzazione, adottando un approccio multidimensionale che comprende le questioni politiche, istituzionali, economiche, sociali, culturali, educative e religiose. In effetti, l’approccio marocchino alla de radicalizzazione e alla lotta contro l’estremismo violento si basa sulla sicurezza religiosa, la prevenzione e l’anticipazione della sicurezza e lo sviluppo umano. Tra le azioni svolte in questo contesto, la Delegazione generale per l’amministrazione e il reinserimento penitenziario facilita l’accesso dei detenuti, nel contesto della lotta all’estremismo, all’istruzione di base o universitaria fornendo al contempo formazione professionale a quest’ultima. Allo stesso modo, la “Fondazione Mohammed VI per il reinserimento dei detenuti” svolge un ruolo importante nel loro reinserimento attraverso, in particolare, programmi di sostegno a microprogetti e lavoro autonomo e l’inserimento di questi ex detenuti in aziende cittadine. Così, il Marocco è riuscito a raccogliere la sfida di trasformare l’ambiente carcerario per gli estremisti da un luogo di disperazione a un luogo di ottimismo.
Questo approccio nei fatti si ispira ai valori cari ad un grande giurista lombardo, Cesare Beccaria, che per primo sostenne la funzione rieducativa della pena , in questa ottica dovremmo guardare al Marocco , ed alla sua esperienza nel campo della lotta al radicalismo come un modello a cui ispirarci magari con maggiore studio del “modello marocchino”, ed una maggiore interazione tra gli organismi italiani e marocchini.