(Paolo De Stefano di Taranto Buonasera) – L’Italia è uno Stato laico, non confessionale.
Una frase, che in sé è un concetto logico, storicamente vero, ma non è teologico. È una frase pronunciata, giorni or sono da Mario Draghi, capo del Governo, a fronte di un rilievo concordatario con la Santa Sede a proposito del DDL Zan contro l’omofobia, intervento del Segretario di Stato Vaticano, cardinale Parolin. La risposta di Draghi in Parlamento è stata immediata e precisa, storicamente parlando.
L’Italia è uno Stato laico, non confessionale: nulla da eccepire.
E tuttavia tanto la parola “laico” quanto quella “confessionale” hanno uno origine storica, che è quella relativa all’epoca illuminista, anzi, entrambe risalgono alla cultura filosofica da Locke a Spinosa, da Vico a Kant e, per quei filosofi, quelle parole, che erano “concetti” ebbero un significativo riferimento relativo alle epoche del loro pensiero.
Non erano “contra fidem” come “religio”, aspetto anche in Kant di prammatico riferimento nella sua “Ragione pratica”, ma quel “Confessionale” era un preciso riferimento al potere temporale secolare del Vaticano, già in auge ai tempi di Dante, fra “chierici” e “dotti”.
Non era la divisione dei poteri fra Pontefice e Cesare, ma la condannata e conclusa unione del Pontefice col potere di Cesare. Ma, chiusa l’epoca, dopo infinite tristi vicende di lotte e di sangue, fra i due poteri in uno, l’epoca del governo temporale, di beni materiali, conservati e protetti, chiusa quell’epoca che per noi italiani fu anche risorgimentale, la parola “confessionale” rimase e rimane nell’uso, ma ha perduto di storico significato.
La Chiesa cattolica non è più una potenza temporale, ma, pur conservando suoi beni e privilegi, è tempio di religiosa osservanza verso Dio e i suoi Santi.
A rompere la “forma antica” fu Benedetto Croce che ebbe a scrivere: “ogni concezione spirituale del mondo, ogni filosofia in quanto norma di vita, anche tesa verso il Creatore della vita, è concezione religiosa”. Per tal via anche l’espressione verbale “laico” come concetto di filosofia “laicista” non si oppone più a “confessionale” perché un popolo può essere al tempo stesso laico e religioso e religioso non come confessionale, ma come un tutt’uno con il suo spirito laico.
Diventato Stato libero in altro Stato, unito nel suo popolo in novella nazione, come l’Italia, la parola “confessionale” è diventata semmai “ecclesiastica”, che è ben altra cosa. Ha avuto anche l’ecclesiastico una influenza politica ma non da fattore totalizzante, quanto da esterno: tanto è vero che un partito politico ebbe, come suo segno di riconoscimento, nel suo vessillo, la Croce, martirio di Cristo e simbolo di redenzione umana.
E non pochi uomini di politica ebbero religiosamente un “credo” ed un battesimo, segni di adesione totale alla legge del Vangelo e della parola di Cristo.
“Laico rimane, illuministicamente parlando, chi, ateo, non crede in una catarsi religiosa”.
Purtroppo contro il Cristianesimo da tempo è cominciata un’offensiva costante e decisa, un’offensiva che passa per laicismo o laicità della vita contro la religione come fede nella esistenza; come se la fede fosse avulsa dalla vita o altro dalla vita. Siamo nella erasmiana follia, siamo di fronte ad un riaffacciarsi della cultura illuministica, velata da ateismo e senza storia.
L’epoca nostra è ben tradotta nelle profonde pagine nel libro di Marcello Pera, Joseph Ratzinger “Senza radici”, Mondadori, 2005 e particolarmente, per chi volesse trovarle e leggerle le pagine 47-72.
Speriamo che chi le legga ben le trattenga.
Non confondiamo la Storia di Tito Livio con l’Historia di Tacito.